
By Fonju Ndemesah Fausta
Lo sport, soprattutto il calcio sembra uno dei campi nella globalizzazione in cui l'Africa potrebbe competere con le potenze occidentali a pari livello, e forse anche prendere il sopravvento. Purtroppo, la presenza di talenti inestimabili nel continente è guastata da una gestione inadeguata fatta d'improvvisazione, clientelismo, corruzione, incompetenza tecnica e una strumentalizzazione delle vittorie per fini politici che non aiuta il progresso dello sport, che insieme alla religione, al cinema ed alla musica stanno diventando gli ultimi ambasciatori della cultura popolare e della creatività africana nel mondo globalizzato.
Il 20 gennaio 2010 qundo inizio' uno dei più importanti raduni del calcio africano: la 25° Coppa d'Africa delle Nazioni (CAN). Milioni di osservatori, giornalisti e amanti del calcio si sono rivolti verso l'Egitto (Paese organizzatore) per scoprire il prossimo talento che uscirà da questo torneo, dopo vecchie glorie del passato come Roger Milla, George Weah, Salif Keita, che attraverso le loro performance hanno messo la loro firma nel libro d'oro dello sport mondiale; oppure atletii come Eto'ò Fils, Didier Drogba, Micheal Essien, Emmanuel Adebayor, i quali, insieme a Ronaldinho, Ronaldo, Iniesta, Lampard e Messi stanno adesso all'apice del calcio mondiale.
Insomma la Coppa d'Africa, fin dalla sua prima edizione tenutasi in Sudan nel 1957, è diventata il più grande meeting del continente per molte ragioni: la mobilitazione delle masse, la presenza di grandi risorse finanziarie, le sponsorizzazioni promosse dalle multinazionali (ad esempio Mobile Telephone Network - MTN) e l'interesse mostrato all'evento da molte stazioni televisive del mondo come Eurosport, Supersport e molti altri. Questa grande attenzione, oltre alla presenza di grandi flussi finanziari, ha reso il limite fra sports (soprattutto il calcio) e politica molto labile. Più che il Festival del Cinema (Fespaco), eventi sportivi come la Coppa d'Africa, la Coppa del Mondo di calcio oppure i giochi olimpici, sono caratterizzati da grandi dibattiti che, più che cercare di guardare al futuro dello sport che ha dato e continua a dare una grande visibilità al continente, cercano invece di strumentalizzare le vittorie per fini politici. È per questo che nei dibattiti si parla solo delle squadre nazionali e delle loro vittorie, mentre si dice molto poco sulla formazione alla base. È questa strumentalizzazione delle vittorie delle squadre nazionali per fini elettorali che ha spinto ad esempio il professor Scoglio, ex allenatore di Messina, Genova e della Tunisia, a dire che "Non c'è Paese africano in cui il calcio non sia acclamazione di regime…".
Sport e società
Lo sport, soprattutto il calcio, in molti Paesi africani è diventato una religione. Quando gli Elefanti della Costa d'Avorio (soprannome della nazionale ivoriana) sono in campo, tutti sono uniti intorno ai loro campioni. Si dimenticano per un attimo le divisioni e instabilità che minano la società per portare gli “Elefanti” alla vittoria. Lo sport è un gran fattore d'unione in molti Paesi africani, dove la democrazia tribale o la lotta per il potere continuano a creare instabilità e guerra. È solo con le vittorie sportive che l'unione e il patriottismo di alcuni Paesi, spaccati da divisioni interne, sono esaltati. La qualificazione della nazionale ivoriana di calcio alla prossima Coppa del mondo è stata festeggiata da tutto il Paese. Sebbene il Paese deve ancora completamente risolvere le divisione creati dalla crisi post elettorale, la qualificazione degli Elefanti fu festeggiata come una vittoria di tutti i cittadini della Costa d'Avorio. Con la squadra nazionale, temi razzisti come "Ivoirité", "allogènes" o "Ivoirien de soche" non hanno più importanza. Questo può essere dimostrato con la presenza di molti giocatori che sono figli d'ivoriani di vecchia migrazione. Per lo sport l'appartenenza etnica non conta; quello che è importante è la bravura dell'atleta. Lo sport rompe molte barriere sociali e politiche, e spezza anche le barriere tribali. Quando i “Leoni Indomabili” (nome della nazionale camerunese) sono in campo, c'è un gran senso di patriottismo. Tutti si sentono camerunesi e non più membri di singoli gruppi etnici: bassa, douala, beti, bangwa o bamileke, come capita invece quando i dittatori post coloniali strumentalizzano la diversità etnica per rafforzare il proprio potere all'infinito. Quando Ndiefi Pius (bomber della nazionale camerunese) segna un goal non si parla di goal fatto da un anglofono, date le origini socio-linguistiche del giocatore. In questo caso, i problemi politici come "la questione anglofona" e le divisioni tribali sono relegate al secondo rango per portare la nazionale alla vittoria finale.
Sport e politica
Questo fattore d'unione portato dallo sport, soprattutto dal calcio, in molti Paesi africani, ha spinto la politica ad invadere il suo campo. Molti presidenti, ad esempio, sfruttano le vittorie sportive per fare propaganda dei loro governi. Quest'invasione politica dello sport ha spinto alcuni capi di stato a fare scelte tecniche al posto degli allenatori. Si pensa al Presidente Camerunese Paul Biya che ha forzato la selezione di due giocatori esclusi dal commissario tecnico da un torneo. Un altro esempio di strumentalizzazione delle vittorie sportive può essere visto nella maniera con la quale la medaglia d'oro di Françoise Mbango, nel salto triplo ai giochi olimpici, sia stata usata per glorificare il governo. Sebbene molti osservatori abbiano fatto vedere come tutto il merito di questa vittoria fosse da attribuire alla bravura dell'atleta, vista l'assenza d'ogni sostegno da parte della Federazione Camerunese d'Atletica, che fino alle ultime settimane prima dell'inizio dei giochi non sapeva neanche se la campionessa si sarebbe presentata, tale successo a carattere individuale veniva dunque usato dal governo per nascondere il dilettantismo e la mancanza d'infrastrutture nella quale vive lo sport camerunese.
Sempre in Camerun, nella Coppa d'Africa che si sta svolse in Egitto, l' ex giocatore dell'Internazionale di Milano (Inter), Bologna e adesso del UMS di Loum, Pièrre Wome Nlend è stato tolto dai dirigenti dalla lista dell'allenatore per ragioni extra-calcistiche. Quest'occupazione del campo da parte della politica, d'altro canto, non aiuta a migliorarae la condizione degli atleti, costruendo ad esempio infrastrutture adeguate per praticare le varie attività sportive. L'invasione ha spesso come intento solo di “addormentare” la popolazione con le vittorie, e di usare queste ultime per nascondere i fallimenti dei vari governi davanti ai cittadini e agli occhi degli osservatori internazionali. Ormai le vittorie sportive entrano a pieno titolo nella propaganda politica di molti governi. I dirigenti hanno trasformato ogni vittoria in festa nazionale. Il Presidente Camerunese non esita a regalare uno o due giorni di festa nazionali quando la nazionale di calcio ritorna con un trofeo, malgrado la situazione d'instabilità economica nella quale si trova il paese da anni. Succede per esempio che il Presidente del Ruanda, Paul Kagame si precipita all'aeroporto alle tre di notte per accogliere le "Vespe" (soprannome della nazionale rwandese) che s'èra appena qualificata per la Coppa d'Africa.
Basta però una sconfitta per scatenare l'ira di alcuni degli stessi presidenti. Sempre in Camerun negli anni più duri dell'opposizione al governo, Qualunque persona che criticava la nazionale di calcio era considerato oppositore del governo. Addirittura, è bastata un'eliminazione precoce della nazionale ivoriana dalla Coppa d'Africa nel 2000 per spingere l'allora presidente, Robert Guei, a spedire i giocatori in galera per qualche giorno per mancanza di patriottismo.
L'uso politico dello sport non ha aiutato la crescita di quest'ultimo che ha dato, e sta ancora procurando, unapositiva visibilità all'immagine del continente africano nel mondo. L'uso delle vittorie per fini propagandistici ha spesso contribuito a limitare :
Nonostante la crescita e il rispetto che stanno guadagnando molte discipline sportive africane, soprattutto il calcio, grazie ai suoi talenti, la maggior parte dei Paesi africani, tranne la Tunisia e il Sud Africa, Il Marocco, L'Egitto, mancano di infrastrutture degne della loro fama. Un esempio rappresentativo nel calcio è il Camerun. Paese che dal 1982 siede fra i grandi del calcio mondiale, con cinque partecipazioni alla Coppa del mondo, con il quinto posto raggiunto nell'edizione di Italia '90, con quattro Coppa d'Africa e una Medaglia Olimpica. Il Paese non ha neanche uno stadio che risponde alle norme internazionali. Nonostante la sua fama nel calcio mondiale, il dilettantismo, l'improvvisazione, la corruzione e il disordine sono le caratteristiche del calcio nel Paese di Roger Milla e Mbappe Leppe. Quello che rimane impresso a molti amanti del calcio, della gestione di questo sport in Camerun, è la confusione di ruolo fra il Ministero dello Sport e la Federazione Camerunese Gioco Calcio (FECAFOOT) alla vigilia d'ogni grande evento calcistico, come la Coppa d'Africa o la Coppa del Mondo, oppure i Giochi Olimpici. Conflitti che non lasciano scampo alla preparazione di questi tornei. Le vittorie di molti Paesi africani sono dunque dovute al puro caso, oppure al genio individuale di alcuni dei loro campioni come accaduto con Roger Milla per il Camerun, George Weah per la Liberia, Didier Drogba per la Costa d'Avorio, per Samuel Eto'ò con la nazionale camerunense. Il genio di questi fuoriclasse ha per decenni nascosto l'“amatorialità”, l'improvvisazione e la mancanza d'infrastrutture che caratterizzano lo sport nella maggior parte dei Paesi africani.
Per molti osservatori, questa cattiva gestione dello sport e la strumentalizzazione delle vittorie per fini propagandistici sono ciò che induce a continuare da decenni a definire “calcio emergente” questo sport, malgrado la presenza di talenti inestimabili. Secondo questi critici, è lo stesso motivo di cui sopra che fa sì che, fino ad oggi, nessuna squadra africana sia riuscita a vincere un mondiale. Per molti opinionisti africani ed internazionali, si deve fare ancora molto per dare allo sport, soprattutto al calcio, la posizione che merita nel panorama agonistico mondiale.
Se i Paesi africani vogliono giocare un ruolo significativo nello sport mondiale, e soprattutto se vogliono ottenere grandi risultati nella prossima Coppa del Mondo in Brazil, i dirigenti devono dimenticare le cerimonie, qualche volta inutili, che accompagnano la partecipazione delle loro squadre nazionali a tornei importanti. La benedizione degli antenati, le visite incessanti dei dirigenti ai giocatori, giornate di preghiere, confusione e problemi interminabili devono dare spazio ad una preparazione tecnica razionale e metodica, necessaria per vincere nelle competizioni sportive a livello internazionale. Questa Coppa del Mondo di Calcio sarà un bel test del progresso nell’organizzazione che avrà fatto il calcio africano dopo la riuscita organizzativa del Modiale Sud Africana nel 2010.
Conclusioni
Lo sport, il calcio in particolare, è un'attività che porta molta visibilità positiva a tanti Paesi del continente africano. Malgrado questo ruolo d'ambasciatore della cultura e della creatività popolare, lo sport africano soffre anch’esso di molti mali che minano il progresso del continente nero come la mancanza d'infrastrutture, la corruzione, la strumentalizzazione delle vittorie per fini politici, che non giova certo al progresso dello sport, il quale vanta invece la presenza di talenti inestimabili nel calcio come in altre discipline come Ezekiel Kemboi, Joyce Chepchumba, Haile Gebrselassie, Michael Essien, Eto'ò Fils, Didier Drogba, J.J Okocha, Hicham El-Guerrouj, Maria Mutola, per citarne solo alcuni.
Lo sport, soprattutto il calcio sembra uno dei campi nella globalizzazione in cui l'Africa potrebbe competere con le potenze occidentali a pari livello, e forse anche prendere il sopravvento. Purtroppo, la presenza di talenti inestimabili nel continente è guastata da una gestione inadeguata fatta d'improvvisazione, clientelismo, corruzione, incompetenza tecnica e una strumentalizzazione delle vittorie per fini politici che non aiuta il progresso dello sport, che insieme alla religione, al cinema ed alla musica stanno diventando gli ultimi ambasciatori della cultura popolare e della creatività africana nel mondo globalizzato.
Il 20 gennaio 2010 qundo inizio' uno dei più importanti raduni del calcio africano: la 25° Coppa d'Africa delle Nazioni (CAN). Milioni di osservatori, giornalisti e amanti del calcio si sono rivolti verso l'Egitto (Paese organizzatore) per scoprire il prossimo talento che uscirà da questo torneo, dopo vecchie glorie del passato come Roger Milla, George Weah, Salif Keita, che attraverso le loro performance hanno messo la loro firma nel libro d'oro dello sport mondiale; oppure atletii come Eto'ò Fils, Didier Drogba, Micheal Essien, Emmanuel Adebayor, i quali, insieme a Ronaldinho, Ronaldo, Iniesta, Lampard e Messi stanno adesso all'apice del calcio mondiale.
Insomma la Coppa d'Africa, fin dalla sua prima edizione tenutasi in Sudan nel 1957, è diventata il più grande meeting del continente per molte ragioni: la mobilitazione delle masse, la presenza di grandi risorse finanziarie, le sponsorizzazioni promosse dalle multinazionali (ad esempio Mobile Telephone Network - MTN) e l'interesse mostrato all'evento da molte stazioni televisive del mondo come Eurosport, Supersport e molti altri. Questa grande attenzione, oltre alla presenza di grandi flussi finanziari, ha reso il limite fra sports (soprattutto il calcio) e politica molto labile. Più che il Festival del Cinema (Fespaco), eventi sportivi come la Coppa d'Africa, la Coppa del Mondo di calcio oppure i giochi olimpici, sono caratterizzati da grandi dibattiti che, più che cercare di guardare al futuro dello sport che ha dato e continua a dare una grande visibilità al continente, cercano invece di strumentalizzare le vittorie per fini politici. È per questo che nei dibattiti si parla solo delle squadre nazionali e delle loro vittorie, mentre si dice molto poco sulla formazione alla base. È questa strumentalizzazione delle vittorie delle squadre nazionali per fini elettorali che ha spinto ad esempio il professor Scoglio, ex allenatore di Messina, Genova e della Tunisia, a dire che "Non c'è Paese africano in cui il calcio non sia acclamazione di regime…".
Sport e società
Lo sport, soprattutto il calcio, in molti Paesi africani è diventato una religione. Quando gli Elefanti della Costa d'Avorio (soprannome della nazionale ivoriana) sono in campo, tutti sono uniti intorno ai loro campioni. Si dimenticano per un attimo le divisioni e instabilità che minano la società per portare gli “Elefanti” alla vittoria. Lo sport è un gran fattore d'unione in molti Paesi africani, dove la democrazia tribale o la lotta per il potere continuano a creare instabilità e guerra. È solo con le vittorie sportive che l'unione e il patriottismo di alcuni Paesi, spaccati da divisioni interne, sono esaltati. La qualificazione della nazionale ivoriana di calcio alla prossima Coppa del mondo è stata festeggiata da tutto il Paese. Sebbene il Paese deve ancora completamente risolvere le divisione creati dalla crisi post elettorale, la qualificazione degli Elefanti fu festeggiata come una vittoria di tutti i cittadini della Costa d'Avorio. Con la squadra nazionale, temi razzisti come "Ivoirité", "allogènes" o "Ivoirien de soche" non hanno più importanza. Questo può essere dimostrato con la presenza di molti giocatori che sono figli d'ivoriani di vecchia migrazione. Per lo sport l'appartenenza etnica non conta; quello che è importante è la bravura dell'atleta. Lo sport rompe molte barriere sociali e politiche, e spezza anche le barriere tribali. Quando i “Leoni Indomabili” (nome della nazionale camerunese) sono in campo, c'è un gran senso di patriottismo. Tutti si sentono camerunesi e non più membri di singoli gruppi etnici: bassa, douala, beti, bangwa o bamileke, come capita invece quando i dittatori post coloniali strumentalizzano la diversità etnica per rafforzare il proprio potere all'infinito. Quando Ndiefi Pius (bomber della nazionale camerunese) segna un goal non si parla di goal fatto da un anglofono, date le origini socio-linguistiche del giocatore. In questo caso, i problemi politici come "la questione anglofona" e le divisioni tribali sono relegate al secondo rango per portare la nazionale alla vittoria finale.
Sport e politica
Questo fattore d'unione portato dallo sport, soprattutto dal calcio, in molti Paesi africani, ha spinto la politica ad invadere il suo campo. Molti presidenti, ad esempio, sfruttano le vittorie sportive per fare propaganda dei loro governi. Quest'invasione politica dello sport ha spinto alcuni capi di stato a fare scelte tecniche al posto degli allenatori. Si pensa al Presidente Camerunese Paul Biya che ha forzato la selezione di due giocatori esclusi dal commissario tecnico da un torneo. Un altro esempio di strumentalizzazione delle vittorie sportive può essere visto nella maniera con la quale la medaglia d'oro di Françoise Mbango, nel salto triplo ai giochi olimpici, sia stata usata per glorificare il governo. Sebbene molti osservatori abbiano fatto vedere come tutto il merito di questa vittoria fosse da attribuire alla bravura dell'atleta, vista l'assenza d'ogni sostegno da parte della Federazione Camerunese d'Atletica, che fino alle ultime settimane prima dell'inizio dei giochi non sapeva neanche se la campionessa si sarebbe presentata, tale successo a carattere individuale veniva dunque usato dal governo per nascondere il dilettantismo e la mancanza d'infrastrutture nella quale vive lo sport camerunese.
Sempre in Camerun, nella Coppa d'Africa che si sta svolse in Egitto, l' ex giocatore dell'Internazionale di Milano (Inter), Bologna e adesso del UMS di Loum, Pièrre Wome Nlend è stato tolto dai dirigenti dalla lista dell'allenatore per ragioni extra-calcistiche. Quest'occupazione del campo da parte della politica, d'altro canto, non aiuta a migliorarae la condizione degli atleti, costruendo ad esempio infrastrutture adeguate per praticare le varie attività sportive. L'invasione ha spesso come intento solo di “addormentare” la popolazione con le vittorie, e di usare queste ultime per nascondere i fallimenti dei vari governi davanti ai cittadini e agli occhi degli osservatori internazionali. Ormai le vittorie sportive entrano a pieno titolo nella propaganda politica di molti governi. I dirigenti hanno trasformato ogni vittoria in festa nazionale. Il Presidente Camerunese non esita a regalare uno o due giorni di festa nazionali quando la nazionale di calcio ritorna con un trofeo, malgrado la situazione d'instabilità economica nella quale si trova il paese da anni. Succede per esempio che il Presidente del Ruanda, Paul Kagame si precipita all'aeroporto alle tre di notte per accogliere le "Vespe" (soprannome della nazionale rwandese) che s'èra appena qualificata per la Coppa d'Africa.
Basta però una sconfitta per scatenare l'ira di alcuni degli stessi presidenti. Sempre in Camerun negli anni più duri dell'opposizione al governo, Qualunque persona che criticava la nazionale di calcio era considerato oppositore del governo. Addirittura, è bastata un'eliminazione precoce della nazionale ivoriana dalla Coppa d'Africa nel 2000 per spingere l'allora presidente, Robert Guei, a spedire i giocatori in galera per qualche giorno per mancanza di patriottismo.
L'uso politico dello sport non ha aiutato la crescita di quest'ultimo che ha dato, e sta ancora procurando, unapositiva visibilità all'immagine del continente africano nel mondo. L'uso delle vittorie per fini propagandistici ha spesso contribuito a limitare :
- lo sviluppo della cultura sportiva nelle scuole e la formazione dei settori giovanili, molto importante per assicurare il futuro.
- la costruzione d'infrastrutture sportive come stadi, sedi polisportive e palestre per rendere la pratica dello sport accessibile a tutti, non solo ai professionisti o ad alcuni privilegiati.
Nonostante la crescita e il rispetto che stanno guadagnando molte discipline sportive africane, soprattutto il calcio, grazie ai suoi talenti, la maggior parte dei Paesi africani, tranne la Tunisia e il Sud Africa, Il Marocco, L'Egitto, mancano di infrastrutture degne della loro fama. Un esempio rappresentativo nel calcio è il Camerun. Paese che dal 1982 siede fra i grandi del calcio mondiale, con cinque partecipazioni alla Coppa del mondo, con il quinto posto raggiunto nell'edizione di Italia '90, con quattro Coppa d'Africa e una Medaglia Olimpica. Il Paese non ha neanche uno stadio che risponde alle norme internazionali. Nonostante la sua fama nel calcio mondiale, il dilettantismo, l'improvvisazione, la corruzione e il disordine sono le caratteristiche del calcio nel Paese di Roger Milla e Mbappe Leppe. Quello che rimane impresso a molti amanti del calcio, della gestione di questo sport in Camerun, è la confusione di ruolo fra il Ministero dello Sport e la Federazione Camerunese Gioco Calcio (FECAFOOT) alla vigilia d'ogni grande evento calcistico, come la Coppa d'Africa o la Coppa del Mondo, oppure i Giochi Olimpici. Conflitti che non lasciano scampo alla preparazione di questi tornei. Le vittorie di molti Paesi africani sono dunque dovute al puro caso, oppure al genio individuale di alcuni dei loro campioni come accaduto con Roger Milla per il Camerun, George Weah per la Liberia, Didier Drogba per la Costa d'Avorio, per Samuel Eto'ò con la nazionale camerunense. Il genio di questi fuoriclasse ha per decenni nascosto l'“amatorialità”, l'improvvisazione e la mancanza d'infrastrutture che caratterizzano lo sport nella maggior parte dei Paesi africani.
Per molti osservatori, questa cattiva gestione dello sport e la strumentalizzazione delle vittorie per fini propagandistici sono ciò che induce a continuare da decenni a definire “calcio emergente” questo sport, malgrado la presenza di talenti inestimabili. Secondo questi critici, è lo stesso motivo di cui sopra che fa sì che, fino ad oggi, nessuna squadra africana sia riuscita a vincere un mondiale. Per molti opinionisti africani ed internazionali, si deve fare ancora molto per dare allo sport, soprattutto al calcio, la posizione che merita nel panorama agonistico mondiale.
- Prima di tutto, i governi dovrebbero sviluppare una politica sportiva che si occupi dello sport dalla base, dalle scuole, dove esso è anche uno strumento pedagogico per inculcare ai giovani una cultura sportiva ed un modo di vivere in società. Nei quartieri, soprattutto quelli più poveri e disagiati, dovrebbero essere costruiti centri sportivi per rendere la pratica dello sport facilmente accessibile a tutti.
- Il dilettantismo e l'improvvisazione devono dare spazio al professionismo. Gli atleti devono essere capaci di vivere grazie alla loro arte, come si vede in molti altri continenti quali l’Europa, l’Asia, o l’America, senza che i più meritevoli e capaci debbano abbandonare i loro paesi, privandoli dei lori talenti. L’obiettivo dovrebbe essere quello di rendere l'emigrazione dei talenti non una costrizione (alla ricerca di un posto dove potranno vivere dalla loro arte), com'è il caso attuale, ma una volontà. Questo aiuterebbe a non perdere molti giovani, che lasciano l'Africa per l'estero prima della maturità e spesso senza un'adeguata istruzione, e che alla fine non riescono ad ambientarsi nei Paesi ospiti, finendo talvolta nelle strade delle grandi città europee.
- I dirigenti sportivi ed i politici devono collaborare nel creare infrastrutture adeguate: stadi, polisportive, palestre. Devono sviluppare molte attività che fanno parte dell'economia dello sport come i servizi di ristrutturazione dei campi e di marketing sportivo per promuovere gli atleti e lo sport africano nel mondo. Questo potrebbe aiutare a dare un'altra immagine, una visione africana allo sport, soprattutto per il calcio ma non solo, . Occorre creare condizioni per favorire la pratica dello sport e strutture agevoli per la pratica delle attività. Ciò aiuterà ad individuare futuri campioni e permetterà anche di superare il cliché folcloristico del calciatore africano, il quale vede la strada come unico posto dove il mestiere possa essere imparata.
Se i Paesi africani vogliono giocare un ruolo significativo nello sport mondiale, e soprattutto se vogliono ottenere grandi risultati nella prossima Coppa del Mondo in Brazil, i dirigenti devono dimenticare le cerimonie, qualche volta inutili, che accompagnano la partecipazione delle loro squadre nazionali a tornei importanti. La benedizione degli antenati, le visite incessanti dei dirigenti ai giocatori, giornate di preghiere, confusione e problemi interminabili devono dare spazio ad una preparazione tecnica razionale e metodica, necessaria per vincere nelle competizioni sportive a livello internazionale. Questa Coppa del Mondo di Calcio sarà un bel test del progresso nell’organizzazione che avrà fatto il calcio africano dopo la riuscita organizzativa del Modiale Sud Africana nel 2010.
Conclusioni
Lo sport, il calcio in particolare, è un'attività che porta molta visibilità positiva a tanti Paesi del continente africano. Malgrado questo ruolo d'ambasciatore della cultura e della creatività popolare, lo sport africano soffre anch’esso di molti mali che minano il progresso del continente nero come la mancanza d'infrastrutture, la corruzione, la strumentalizzazione delle vittorie per fini politici, che non giova certo al progresso dello sport, il quale vanta invece la presenza di talenti inestimabili nel calcio come in altre discipline come Ezekiel Kemboi, Joyce Chepchumba, Haile Gebrselassie, Michael Essien, Eto'ò Fils, Didier Drogba, J.J Okocha, Hicham El-Guerrouj, Maria Mutola, per citarne solo alcuni.